Il concordato con continuità aziendale é stato disciplinato dall’art. 186 bis della Legge Fallimentare, introdotto dal D.L. 83/2012, convertito nella L. 134/2012 – Avv. Amedeo Mazzocconi
Secondo le disposizioni della predetta norma, nel concordato con continuità aziendale il piano prevede la prosecuzione dell’attività di impresa da parte del debitore, la cessione dell’azienda, ovvero il conferimento dell’azienda in esercizio in una o più società, anche di nuova costituzione.
Il Legislatore ha previsto una serie di condizioni per l’ammissione a tale forma concordataria, come la necessità di fornire prove in ordine alla funzionalità della continuità ad una migliore soddisfazione dei creditori e alla sua sostenibilità sotto il profilo economico-finanziario. Solo quando sia accertata la convenienza della continuità aziendale secondo i predetti parametri, la normativa prevede una disciplina di favore, finalizzata ad agevolare il buon esito del procedimento di concordato.
La prosecuzione dell’attività aziendale, ai fini del concordato con continuità, può essere perseguita sia dal debitore, sia da altro imprenditore. L’art. 186 bis L.F. prevede infatti anche l’ipotesi del concordato con continuità indiretta, e ciò attraverso la possibilità di concedere l’azienda in affitto ad altro imprenditore, anziché attraverso la continuità diretta, con gestione del debitore stesso.
Quindi l’art. 186 bis L.F. prevede anche l’ipotesi di affidamento della gestione dell’impresa in difficoltà ad altro imprenditore, e ciò nell’ottica di una più ampia possibilità di salvaguardare, ove possibile, i livelli occupazionali.
Nella predetta previsione normativa potrebbe anche rientrare l’ipotesi della continuità dell’azienda concessa in affitto in data anteriore alla domanda di ammissione alla procedura di concordato, dovendosi fare riferimento alla continuità oggettiva e non necessariamente alla continuità diretta, gestita dall’imprenditore in difficoltà.
Peraltro la previsione dell’art. 186 bis L.F. é applicabile anche all’ipotesi in cui si prospetti una liquidazione dei beni non strettamente funzionali alla prosecuzione dell’attività, che dunque potrebbe rendersi possibile anche con la parte del patrimonio di cui non si preveda la dismissione. In tale ipotesi di concordato misto, la disciplina applicabile, nel possibile contrasto tra continuità e liquidazione, sarebbe quella della continuità, sempre che non si possa ritenere che il ricorso alla continuità aziendale sia un semplice espediente per superare il limite percentuale minimo di soddisfazione dei creditori chirografi; a tal proposito appare persino superfluo ricordare che nel concordato con continuità aziendale non sia applicabile la soglia minima di soddisfazione dei creditori chirografi del 20%, prevista nell’art. 160 della Legge Fallimentare.
Ai fini dell’accesso al concordato con continuità aziendale é determinante che il professionista, delegato alla attestazione della veridicità dei dati aziendali e della fattibilità del piano concordatario, confermi anche che la continuità aziendale sia utile e funzionale al miglior soddisfo dei creditori. Allo scopo il professionista attestatore dovrebbe procedere ad un confronto tra la percentuale di soddisfazione dei creditori, perseguibile con il concordato liquidatorio, e la percentuale invece possibile con la continuità aziendale, e quindi operando un confronto tra le conseguenze della cessazione dell’attività e della sua prosecuzione.
In tale contesto la norma prevede che il piano debba contenere una analitica indicazione dei costi e dei ricavi prevedibili con la continuità aziendale, e quindi provenienti dalla prosecuzione dell’attività d’impresa, come prevista dal piano concordatario, ciò anche ai fini di rendere chiaro ai creditori ed agli organi della procedura, quale sia la valutazione effettuata dall’attestatore per giungere alla conclusione della convenienza della continuità aziendale.
La valutazione previsionale dell’attestatore, racchiusa nel conto economico, dovrà quindi coprire l’intera durata dell’attività, secondo il contenuto della proposta, con la previsione di uno sviluppo temporale più ampio nel caso venga prospettata la convenienza della continuità aziendale, dovendo comunque corrispondere alla durata della dilazione prevista nel piano; mentre nel caso della cessione dell’azienda, ovviamente la previsione dovrà semplicemente coprire il tempo previsto fino alla cessione stessa.
Una tale previsione, per le oggettive difficoltà che comporta, potrebbe basarsi anche su contenuti aleatori, pur dovendo fondarsi su dati comunque tecnicamente corretti ed attendibili, e dovendo essere ragionevole da un punto di vista industriale e commerciale.
Nel piano concordatario, sempre in base alle previsioni dell’art. 186 bis L.F., andrebbero anche indicate le risorse finanziarie necessarie a sostenere la proposta, per portare a compimento il concordato, con le relative coperture.
Nella realtà economica é risaputo che l’imprenditore che si trovi in difficoltà, che sarebbe conclamata per chi si trova a gestire un concordato con continuità, ha enormi difficoltà di accedere al credito bancario; in tal caso risulta importante la possibilità di finanziarsi con i flussi di cassa generati dall’attività aziendale, di cui l’attestatore dovrebbe dare conto nelle sue previsioni.
A tal proposito si deve in ogni caso evidenziare che l’art. 182 quinquies L.F. prevede una serie di ipotesi in cui i finanziamenti erogati nell’ambito di una procedura di concordato con continuità aziendale siano prededucibili, rendendoli così meno “pericolosi” per gli istituti di credito che decidano di erogarli, e favorendo di fatto la loro erogazione. In tal caso, nella ipotesi di uno sviluppo negativo della procedura di concordato e del verificarsi dell’esito infausto del fallimento, l’istituto di credito che ha erogato il credito all’impresa in concordato con continuità aziendale, potrà contare su una possibilità di recupero particolarmente favorevole, rientrando nella categoria dei crediti prededucibili.
I finanziamenti che possono essere assistiti dal regime di favore riconosciuto ai crediti prededucibili, sono i finanziamenti-ponte ed i finanziamenti accordati in esecuzione del concordato. Nella prima ipotesi del finanziamento-ponte, che può essere richiesto ed accordato in previsione della presentazione della domanda di concordato, la prededucibilità é subordinata al decreto di ammissione alla procedura, previsto dall’art. 163 L.F., ed in tal caso l’erogatore del finanziamento é escluso dal voto. Nel caso invece dei finanziamenti accordati per l’esecuzione del piano concordatario, la prededucibilità non é subordinata a particolari condizioni, essendo sufficiente che il prestito sia previsto nel piano presentato dall’imprenditore che chiede di essere ammesso al concordato.
Infine si evidenzia la possibilità, nell’ambito del concordato con continuità, che l’imprenditore che acceda a tale procedura, possa chiedere al Tribunale di essere autorizzato a pagare crediti anteriori alla domanda di ammissione alla procedura, qualora i beni e servizi a cui tali crediti siano riferibili possano essere ritenuti essenziali per la prosecuzione dell’attività aziendale e quindi, in ultima analisi, possano essere ritenuti anche funzionali ad assicurare una migliore soddisfazione dei creditori.
Specularmente a tale facoltà riconosciuta al debitore ammesso al concordato, sussiste la facoltà del creditore, che abbia contratti di fornitura in essere con il predetto debitore, di sospendere l’esecuzione della propria prestazione contrattualmente prevista, eccependo l’inadempimento del debitore ammesso al concordato.