09 Settembre 2019 – Avv. Sara Mazzocconi
La terza sezione della Cassazione, con la sentenza del 19 aprile 2018, n. 9637, è tornata ad occuparsi dell’istituto, di grande attualità, del trust.
La sentenza suscita un grande interesse non tanto per gli argomenti affrontati quanto per l’innovativo aspetto “classificatorio”: per la prima volta la Cassazione non solo ha riconosciuto l’ammissibilità ma anche la tipicità del trust.
Il trust ha natura di atto a titolo gratuito la cui funzione è quella di costituire un patrimonio separato, come avviene per il fondo patrimoniale tra coniugi (articolo 167 c.c.), e, fino alla sentenza in oggetto, esso era un contratto atipico e pertanto soggetto di volta in volta al controllo di meritevolezza svolto dal giudice (articolo 1322 c.c.).
La Suprema Corte, ritenendo errato quest’ultimo assunto, ha osservato come la valutazione astratta della meritevolezza di tutela è stata compiuta una volta per tutte dal legislatore. In particolare la Legge 16 ottobre 1989 n. 364, riconoscendo piena validità alla convenzione dell’Aja del primo luglio 1985, ha dato cittadinanza nel nostro ordinamento all’istituto in oggetto, non essendo pertanto necessario che il giudice provveda di volta in volta a valutare se il singolo contratto risponda al giudizio previsto dall’articolo 1322 cod. civ..
Quest’ultima dirompente affermazione non è stata ritenuta dalla Corte sufficiente per tradursi in un beneficio per i soccombenti in termini di “tutele”. I Supremi giudici hanno ritenuto infatti che la Corte di Appello, nella decisione ricorsa in Cassazione, ha ben chiarito i motivi per cui ha ritenuto fondata l’azione revocatoria, specificando che l’atto è da ritenersi a titolo gratuito, che i creditori erano anteriori all’atto di costituzione del trust e che era ben evidente l’uso strumentale del conferimento, posto che il disponente si era riservato la facoltà di sostituirsi a suo piacimento sia al trustee sia ai beneficiari, rimanendo quindi in sostanza pienamente padrone di quei beni sottratti ai creditori.